Siamo giunti alla fine del nostro viaggio alla (ri)scoperta delle scrittrici italiane del Novecento troppo spesso e ingiustamente dimenticate. Nel primo e nel secondo articolo abbiamo ricordato tra le altre Sibilla Aleramo, Maria Bellonci e Anna Maria Ortese, ben consapevoli che il nostro non può che essere un omaggio parziale e incompleto alle tante voci e penne femminili che hanno raccontato il Novecento italiano.
Concludiamo con gli ultimi nomi, sperando di aver stuzzicato la vostra curiosità e il vostro interesse nei confronti di tante autrici della nostra storia letteraria che meritano di essere recuperate e amate.

Antonia Pozzi
“Vivo della poesia come le vene vivono del sangue”: così scriveva la poetessa Antonia Pozzi, da molti definita come la Silvia Plath italiana. Nel corso della sua breve e tormentata esistenza fu capace di dare vita a versi indimenticabili, usando parole semplici ma precise, che Eugenio Montale definì “asciutte e dure come sassi”. Iniziò a scrivere giovanissima e visse anni di turbolenze amorose e di sofferenze dovute al clima politico successivo all’emanazione delle leggi raziali che la condussero al suicidio nel 1938, a soli ventisei anni.
Fabrizia Ramondino
Figlia di Napoli, dove nacque il 31 agosto 1936, Fabrizia Ramondino fu però, a causa del lavoro diplomatico del padre, cittadina del mondo: dalle Baleari a Chambery, da Taranto a Roma, da Milano alla Germania, viaggiò in tutta Europa per poi tornare a Napoli dopo il matrimonio. La sua produzione letteraria ha spaziato dall’autobiografia al resoconto di viaggio, dalla poesia all’inchiesta, dai romanzi ai racconti, cercando sempre di sfuggire alla categorizzazione in generi già definiti, per creare un suo stile inconfondibile. Scriveva: “Perché si dovrebbe entrare in un solo cassetto? In quale cassetto chiuderesti ad esempio Pasolini?”. Il suo esordio letterario è con “Napoli, i disoccupati organizzati”, dove già emergono alcuni dei temi a lei più cari, come l’impegno sociale e civile, la simpatia verso gli umili, il racconto della condizione degli operai e delle donne nella società dell’epoca.
Pia Rimini
Pia Rimini nacque a Trieste l’8 gennaio del 1900 da padre ebreo e madre ariana e fu fin da giovanissima dotata di una spiccata intelligenza e sensibilità artistica. La sua mentalità e di conseguenza la sua scrittura furono assolutamente innovative per l’epoca. Fin dall’inizio degli anni ’20 collaborò con quotidiani e riviste tra cui “Il popolo di Trieste”, “Il Piccolo”, “Il resto del Carlino”, pubblicando inoltre novelle in “Annabella” e altre riviste. suo primo libro di racconti è Pubertà nel 1928 che riscosse successo di critica e pubblico e diede inizio alla sua carriera di scrittrice che racconta di donne indomite, coraggiose, indipendenti ma che fu interrotta troppo presto perché dopo la conversione alla fede cattolica Pia Rimini fu arrestata e condotta nel campo di concentramento di Auschwitz dove arrivò morta, nel giugno 1944.
Lalla Romano
Nata in provincia di Cuneo nel 1906, si laureò in Letteratura romanza a Torino nel 1928. ll suo esordio letterario risale al 1941, quando, ottenuto un giudizio positivo di Montale, pubblicò la raccolta poetica Fiore. La guerra però la costringe di nuovo ad abbandonare il capoluogo piemontese per rifugiarsi dalla madre. Costretta a rifugiarsi dalla madre dopo lo scoppio della Guerra, Lalla Romano iniziò a partecipare alle attività partigiane cuneesi e nel frattempo continuò la sua carriera di traduttrice e scrittrice. Nel 1943 uscì una traduzione di Flaubert commissionatale da Pavese. Nel 1969 vinse il Premio Strega con Le parole tra noi leggere e continuò a scrivere romanzi indimenticabili eppure per la maggior parte dimenticati, fino alla fine degli anni ’90 del secolo scorso.
Rosa Rosà
Pseudonimo di Edith von Haynau, nata nel 1884, studiò privatamente a Vienna per poi iscriversi alla Scuola d’arte della capitale. Nel1908 sposò lo scrittore italiano Ulrico Arnaldi e andò a vivere con lui a Roma dove, dopo la guerra, aderirà a “L’Italia futurista”, collaborando con Filippo Tommaso Marinetti, Remo Chiti e altri. Nel 1918 pubblicò il suo romanzo più noto “Una donna con tre anime” definito dalla critica come “una fiaba di fantascienza in cui una polverosa casalinga, colpita da spore di futuro, si trasforma in un essere evolutissimo, dotato di enormi capacità intellettuali, artistiche e medianiche”.
Trascorse la sua lunga vita coltivando le sue passioni più grandi, la scrittura appunto, la grafica e la pittura, partecipando con i suoi lavori alle Esposizioni Internazionali Futuriste di Milano e Berlino.
Goliarda Sapienza
Scrittrice, attrice teatrale e cinematografica, donna determinata e passionale: questo e molto altro è stata Goliarda Sapienza. Nata a Catania nel 1924, dopo una prima formazione casalinga, frequentò l’Accademia di Arte Drammatica di Roma, interpretando ruoli pirandelliani e prendere parte a numerosi film tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso. La sua opera più famosa è di certo “L’arte della gioia” scritta tra il 1967 e il 1976, pubblicata per la prima volta in Italia solo nel 1994, grazie al successo riscosso all’estero.Tra le altre opere da leggere per conoscerla meglio, “Lettera aperta”, del 1967, “Le certezze del dubbio” del 1987 e “L’università di Rebibbia” del 1983.
Matilde Serao
Nata a Napoli nel 1856 portò avanti gli studi per diventare maestra per poi lavorare nei Telegrafi dello stato. Nel frattempo iniziò a pubblicare bozzetti e novelle su giornali e riviste locali, finché entrò nella redazione del Corriere del mattino. Nel 1882 si trasferì a Roma, dove collaborò al Capitan Fracassa, al Fanfulla della Domenica, alla Nuova Antologia e alla Cronaca bizantina. Nel 1884 sposò Edoardo Scarfoglio e insieme a lui fondò il Corriere di Roma, quello di Napoli e successivamente Il Mattino. Nel 1904 si separò dal marito e diede vita a Il Giorno di cui fu direttrice fino alla morte del 1927. Al lavoro di giornalista Matilde Serao affiancò quello di scrittrice dando alle stampe oltre quaranta volumi tra romanzi e novelle, fra cui Piccole anime, Il paese di Cuccagna, Il ventre di Napoli, Nel paese di Gesù.
Maria Luisa Spaziani
La poetessa Maria Luisa Spaziani nacqua a Torino nel 1924; tra le sue poesie Le acque del Sabato, Utilità della memoria, La stella del libero arbitrio. Nel corso degli anni le sue poesie brevi e incisive, di chiara ispirazione montaliana, si trasformarono in forme più discorsive, vere e proprie narrazioni come il racconto in versi Giovanna d'Arco. Studiosa di letteratura e lingua straniera, a lei si devono traduzioni in varie lingue nonchè l'apertura del Centro Internazionale Eugenio Montale di Roma. Tra i suoi lavori ci piace ricordare I fasti dell'ortica, La radice del mare, La luna è già alta.
Annie Vivanti
Divisa fra l’Inghilterra, suo paese di origine e l’Italia, sua terra di adozione, Annie Vivanti ebbe una vita tumultuosa a livello familiare e letterario. A ventiquattro anni pubblicò con Treves Lirica, la sua prima raccolta di poesie, introdotta da un testo di Carducci, che aveva conosciuto alla fine del XIX secolo e con il quale visse una lunga e intima relazione. Il suo primo romanzo fu stroncato dalla critica e in particolare da Eleonora Duse, ma successivamente, prima in Inghilterra e poi in America, riscosse grande successo di pubblico. Nel 1941 appena tornata a Torino dopo il periodo di confino ad Arezzo perché cittadina britannica, fu informata della morte della figlia Vivien; il dolore fu troppo grande e un anno più tardi morì anche lei, salutata dal suo Carducci con questi versi: "Batto a la chiusa imposta con un ramicello di fiori / glauchi ed azzurri, come i tuoi occhi, o Annie”.